mercoledì, settembre 30, 2009

Aspettando Esperanto 2. Tekla fa l'operaia



Tekla fa l'operaia in una fabbrica di scarpe, la Boto Gordeas. Boto non è il nome di battesimo del signor Gordeas ma vuol dire scarpe. Non so se Tekla ami particolarmente il suo lavoro, forse no, anche perché le scarpe dell'azienda non è che spicchino per fantasia. Sono scarpe comode, sicure, e solide. Fatte bene e affidabili, com'erano le scarpe di un volta. Uno si comprava un paio di scarpe e le usava finché non si sfondavano, poi si andava dal calzolaio e si facevano risuolare fino alla loro naturale consunzione. Anche Tekla è dello stesso avviso. Usa stivali comprati a prezzo di costo in fabbrcia. E questo è l'unico vantaggio che ha a lavorare in fabbrica. Il resto pare che vada male, anzi malissimo, tant'è che Tekla, da ragazza volitiva qual è, si dà da fare con il sindacato, con le riunioni di comitato e con i discorsi di un mondo migliore. Quei discorsi che mischiano tenerezza con l'assoluto. Tekla mi ricorda a suo modo Tina Modotti, la Tina nella biografia di Pino Cacucci, che mentre la leggi ora ti commuovi, ora ti incazzi. Con lei e non solo con il resto del mondo.
Tina è operaia. Tina è innamorata.
Prima di venire a vivere a Bologna, non è che avessi conosciuto tanti operai a Cagliari. Da bambino ero convinto che gli operai vivessero al nord dove c'era sempre freddo e si tifava Inter o Juventus, mica a Cagliari. Pensavo che a Cagliari non ci fossero operai perché non c'erano grosse fabbriche.
Però il signor Fernando faceva l'operaio in ferrovia. Mio padre lavorava alle Ferrovie Complementari della Sardegna. Era impiegato ma in cuor suo sognava di fare il macchinista per guidare prima le locomotive e poi i pesanti locomotori a nafta. Il signor Fernando invece lavorava in officina, dove aggiustava le locomotive e i locomotori, quindi era operaio a tutti gli effetti. Il signor Fernando, Luigia, la sua signora, e Antonio, suo figlio, ogni tanto venivano a farci visita a casa. Antonio aveva la mia stessa età e andava malissimo a scuola. Io invece ero il primo della classe. Il signor Fernando non faceva altro che mettere a confronto la mia bravura con l'asineria congenita del figlio e sottolineava tale divario con una serie di scappellotti sulla nuca molto ritmici, uno per ogni votaccio o marachella avesse combinato.
Io ci restavo malissimo, mi vergognavo per Antonio che mi guardava a testa china. Non piangeva e magari forse mi odiava o forse no.
Non è che eravamo amici con Antonio, ma ogni tanto ci si vedeva e giocavamo a pallone. Lui era bravo a pallone, faceva il centravanti e sapeva scartare. Io ero scarso, non ancora scarsissimo, ma già abbastanza scarso, predestinato a fare il difensore, dove erano destinati nelle partite del sabato, quelli che non valevano niente ma che servavano per fare numero. Io volevo fare l'ala destra, il mio mito, a parte Gigi Riva era Claudio Sala, il poeta del goal del Torino.
Così un giorno, che era la festa della mia prima comunione eravamo tutti a giocare a pallone nella terrazza di casa. C'era anche Antonio, stavamo perdendo ma poi lui riesce a trovare il goal del pareggio. Un tiro di punta fortissimo, che scavalca la recinzione e raggiunge la vetrata della veranda dei vicini. La sfonda. E la partita finisce. E Antonio le prende dal signor Fernando. Gli dà un fracco di sberle, pappine e urla dell'altro mondo. Antonio non piange. Anzi sembra quasi contento. Mi guarda anche. Anch'io lo guardo e capisco.
La festa della mia prima comunione era finita.
A distanza di anni mi ricordo solo di quel goal, invece Antonio, che ho incontrato per caso tramite amici comuni, dice di non ricordarsi niente.
Però mi guarda e sembra quasi contento.

lunedì, settembre 28, 2009

aspettando Esperanto 1. Reduce due volte




Sentirsi reduce due volte. Sempre e comunque. Scampato dalla furia del lager, fuggito da un mondo che per un po’ si era illuso di considerare la sua seconda vita. Reduce da tutto, i momenti di pausa tra una lezione e l’altra, seduto su una panchina in Washington Square sembrano a Isidore appuntamenti memorabili con l’essenza dell’esistenza. Quando è libera, sceglie la panchina più vicina alla statua di Garibaldi che gli ricorda un po’ il suo amico Arne. Arne dall’altra parte fa l’alchimista ed essere alchimisti a Esperantia non è meno assurdo che cercare motori di frigoriferi nelle catacombe o a leggere responsi sibillini estratti da sfere ruotanti.
Arne era lì in piedi nel suo laboratorio pronto ad accoglierlo dopo la traversata tra i due continuum. Arne on i scandalizza quando Isidore Bemporad gli appare quasi nudo ricoperto di stracci, sporco della sua stessa merda mischiato al suo stesso sangue. Gli si fa incontro con una tazza di infuso di ibisco caldo. Questa sarà la bevanda preferita da Bemporad per tutto il soggiorno transitorio a Esperantia. Ora invece a New York beve anche birra. Di quella scura però.
Alla New York University le sue lezioni sono sempre affollate. Insegna epistemologia ma in realtà lo spettro, il campo che abbraccia è molto più vasto. Interdisciplinare, interdimensionale.
Parla di paradossi, mondi possibili. Parla in pratica di Esperantia.
Sta scrivendo due libri sull’argomento. Uno di divulgazione scientifica che non ha ancora un titolo appropriato e poi un romanzo fantastico che forse firmerà sotto falso nome. Quello ha già il titolo. Perfino ovvio: Il reduce dei mondi.
E anche la storia da raccontare gli sembra ovvia. La sua vita dall’altra parte.
In breve un’autobiografia fantastica. La verità.
Isidore Bemporad sorride da solo, poi si alza, dà una pacca allo stivale di Garibaldi e poi torna a lezione..
Sa anche come iniziare il suo intervento di fronte al nuovo corso delle matricole.
È sicuro che loro capiranno subito.

domenica, settembre 27, 2009

Esperanto Italia


Leggo di rado i miei libri. mi viene una sorta di pudore che mi blocca, mi allontana. parlo dei miei libri, ne parlo con amore, è ovvio, li porto in giro, li diffondo e li dedico ma non li leggo più.
invece Esperanto l'ho riletto. è successo ieri. un malloppone di bozze fotocopiate da correggere. l'impaginato dell'edizione italiana che uscirà in autunno per Balck Velvet.
è stato un po' come leggere un libro di un altro autore. mi sentivo un po' come ai tempi della kappa edizioni quando facevo l'editing di diverse testate manga.
era anche un po' come dare al libro una seconda occasione. e allora ho rimesso mano ai testi. ho tagliato, spostato, eliminato sviste e frasi infelici.
ealla fine è stato come scoprirlo di nuovo. una rinascita.
dai prossimi giorni cercherò dif are un diario di bordo delle tappe di avvicinamento alla pubblicazione. metterò immagini, commenti, riflessioni, cose che non si vedranno sul libro.
con la speranza che stavolta i computer non mi lascino a spasso come nel bel messo del diario americano di questa estate appena finita.
intano inziao cion la reclame.
l'immagine l'ha manipolata Ottavio Gibertini che sta curando la grafica del libro.
l'immaigne me l'ha spedita ieri sera e la metto oggi qui perché ci sta davvero bene.
Apre le danze con eleganza.

chiudo con il motto di esperanto:
Gloria al caos che dispensa la vita!

martedì, settembre 15, 2009

Qualche foto americana






Mi sono messo a riguardare le foto scattate quest'estate in America. Sono tante. Ne condivido qualcuna qui. La scelta è assolutamente umorale, istintiva.
inizio con Washington e finisco con Brooklyn.

Penso al terzo volume del Viaggiatore Distante e nel frattempo sistemo Esperanto per l'edizione italiana prevista per Lucca Comics di fine ottobre.
Poi si inizia a lavorare sul serio sui nuovi libri in programma.